
Olimpiadi 2026: diventa scontro politico
Sala resta rigido su posizioni di Milano, i 5 Stelle potrebbero ritirare la candidatura italiana. La Lega ha paura che i pentastellati stiano solo cercando un pretesto
— 18 Settembre 2018Le richieste di Milano per le Olimpiadi invernali 2026 fanno infuriare il Governo, che minaccia di non presentare più alcuna candidatura italiana (quella congiunta Torino – Cortina – Milano). “Se queste sono le condizioni, tanto vale non presentare alcuna candidatura” ha sbottato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, di fronte alle insistenze del sindaco milanese Luigi Sala.
Non è una buona notizia dell’Italia, a questo punto con i favori del pronostico dopo che Sapporo, in Giappone, ha deciso di abbandonare la gara. In realtà, all’interno della maggioranza ci sono due parrocchie. Il Movimento 5 Stelle a questo punto rinuncerebbe ai Giochi, utilizzando i 600 milioni per il reddito di cittadinanza. La Lega ascolta e vede che i governatori di Lombardia e Veneto sono entusiasti all’idea di avere i ‘cinque cerchi’ in casa. Matteo Salvini contro Luigi Di Maio, dunque. In mezzo, l’Italia dei Comuni. Simone Valente, fedelissimo del secondo, quasi ha messo il punto finale alla disputa: “E’ arrivato il momento di mettere un punto fermo su questa situazione paradossale: non è possibile procedere quando determinate condizioni proposte da Coni e governo non sono sostenute da una città importante come Milano”.
La Lega teme che i 5 Stelle stesse aspettando solo un pretesto per dire di no pure alle Olimpiadi invernali a tre teste. Sala ha scritto a Giorgetti, ribadendo che Milano vuole essere capofila, pure nel logo. Considera i Giochi in tre città un pasticcio: “Milano è più conosciuta a livello internazionale e quindi deve essere in rilievo”. Non dimentichiamo, a parziale scusante dell’irrigidimento di Sala, che un anno e mezzo fa il Coni aveva scelto proprio Milano, piegandosi poi a ricatti politici e accettando dunque Torino (dei Cinquestelle) e Cortina (della Lega).
Intendiamoci, non è Chiara Appendino, da Torino, sia più morbida: “Le risposte finora ottenute sono insufficienti, ci vuole chiarezza sulla regia della candidatura e sulle risorse a disposizione”. Ha paura che vengano attribuite responsabilità troppo ampie sulla sicurezza laddove, trattandosi di una kermesse così dispersiva, sarebbe impossibile controllare tutto e bene. “Se non fosse per lealtà nei confronti del M5S, ci saremmo già sfilati”.
Il sospetto leghista resta forte: Milano ha il sindaco Pd, i pentastellati faranno ricadere la colpa su di lui per il naufragio della candidatura italiana? A inizio ottobre, a Buenos Aires, si deciderà: noi ci saremo?
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