
Autostrade italiane le più care d’Europa: ecco perché
Due soli concessionari si spartiscono tre quarti delle autostrade del nostro Paese. Ecco come funziona il sistema negli altri Paesi del Vecchio Continente
— 11 Giugno 2018Viaggiare in autostrada, in Italia, costa caro. In Germania, Olanda e Belgio sono invece gratuite. In Austria c’è l’abbonamento annuale, 87,30 per gli automobilisti, 34,70 per i motociclisti. Da noi, si coprono 400 chilometri con 34 euro, mentre in Svizzera l’abbonamento viene a costare 40 franchi l’anno, circa 38,12 euro. La Francia adotta un sistema di pedaggi simile al nostro, ma meno caro: Parigi – Lione, 450 chilometri più o meno, vengono 19,80 euro in moto, 33,30 in auto. La tratta Ventimiglia – Bologna, chilometraggio equivalente, al casello costa 40,50 euro.
Pure la Spagna non fa pagare le Autovie (ossia, le autostrade). Si paga esclusivamente per le Autopistas. In Slovenia il costo dell’abbonamento annuale è di 55 euro per i motociclisti e di 110 euro per gli automobilisti. In Italia, pagando così, si fa la Milano – Napoli una volta sola, andata e ritorno. La nostra rete autostradale consta di 7 mila chilometri circa, quella francese di 9 mila. Ma sono tra i pochissimi Paesi che hanno un sistema di pedaggio costituito da caselli. Per gli altri Stati, si tratta di un modo antiquato e oneroso di gestire la viabilità. Troppo alti i costi per progettazione, costruzione, personale per la riscossione (se mancano le biglietterie automatiche) e assistenza. I caselli poi vanno alimentati dalla corrente (altra voce di spesa) e creano code.
In Italia, mille chilometri sono gestiti dall’Anas, gli altri 6 mila hanno ben 26 concessioni. Ma il 70 per cento è nelle mani di due gruppi soltanto, il Gruppo Atlantia, che fa capo e Benetton, e che gestisce Autostrade per l’Italia (oltre 3 mila chilometri), e il Gruppo Gavia, che copre altri 1.200 chilometri. Gli altri 1.650 km sono di società controllate da enti pubblici o da alcuni concessionari minori. Sul tema della concorrenza, l’Italia è sul tavolo di Bruxelles. Dodici mesi fa fu deferita alla Corte di giustizia per non aver messo a gara la realizzazione dei lavori della Civitavecchia-Livorno, prorogando la concessione alla Società autostrada tirrenica Spa, partecipata al 99% da Atlantia.
In cambio delle promesse di investimenti, dagli anni ’90 in poi i governi di destra e di sinistra hanno rinnovato le concessioni, senza gare pubbliche. Però, nell’ultima relazione del ministero dei Trasporti scopriamo che gli investimenti mancano: nel 2016 siamo arrivati a 1.064 milioni di euro, il 20% in meno rispetto all’anno precedente. Pure il costo per le manutenzioni è calato del 7%. Insomma, alla fine, sono i pedaggi ad arricchire chi gestisce le autostrade italiane. Nel 2017 il fatturato è stato di quasi 7 miliardi (l’83% costituito dai ricavi per i pedaggi). Le concessioni costano allo Stato 841 milioni. Un business appetitoso per i privati. Tanto più che i lavori affidati a società controllate dai concessionari sono un mercato da 3,5 miliardi di euro. E le società che più lavorano sono Itinera (del Gruppo Gavio) e Pavimental (di Benetton).
Nel frattempo, i pedaggi continuano ad aumentare. Ogni anno del 2,75%, al doppio dell’inflazione. La Commissione ha chiesto di ridurre gli aumenti allo 0,50%. Molto alta anche la remunerazione del capitale investito dai concessionari, un tasso d’interesse del 7,05% all’anno. Sul denaro chiesto in prestito, invece, i concessionari pagano solo l’1,7% d’interesse.
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